Cosa si intende per temporary management? Di solito, con questa espressione, ci si riferisce alla assegnazione ad un manager di comprovata esperienza di incarichi di carattere temporaneo, legati alla gestione di specifici progetti, riorganizzazione dell’azienda, rilancio del business. Il temporary management si pone, quindi, comeuna sorta di “terza via”, a metà strada tra la consulenza pura e la dirigenza tradizionale. Garantisce all’impresa – per il tempo necessario alle specifiche esigenze – nuovo capitale umano altamente qualificato, funzionale a migliorare sia la produttività aziendale che il livello delle proprie capacità di gestione dei momenti critici negativi (tagli, riassestamento economico e finanziario) o positivi (crescita, sviluppo di nuovi business).
Il temporary manager deve essere dotato, dall’azienda che lo ha ingaggiato, di tutti gli strumenti giuridici e organizzativi (poteri e deleghe) necessari per la realizzazione degli obiettivi che gli sono stati affidati. Tuttavia, non esiste una specifica disciplina del rapporto di temporary manager, ed è, pertanto, rimesso alle parti di definire l’assetto contrattuale più idoneo alla fattispecie. Di norma, tale assetto prevede a) una assunzione a termine con qualifica dirigenziale (la più adatta alla natura dei compiti e dei relativi poteri); oppure b) una collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 2 del D.lgs. 81/2015 o una prestazione svolta in regime di partita IVA; oppure, o altresì, c) una attività svolta a fronte di nomina o cooptazione da parte del Consiglio di Amministrazione.
Nel caso di assunzione a termine con qualifica dirigenziale, non valgono né il limite generale di durata dei contratti a termine non dirigenziali (24 mesi), né alcun altro dei limiti previsti ex lege, salvo l’obbligo di durata massima del contratto, pari a 5 anni di durata. Dunque, per i dirigenti assunti a termine non valgono: l’obbligo di indicare una causale (sia per il contratto iniziale, che per eventuali rinnovi o proroghe); il numero massimo delle proroghe; lo stop & go in caso di rinnovi; il diritto di precedenza per nuove assunzioni a tempo indeterminato. Secondo la Corte Costituzionale, il connotato fiduciario del rapporto di lavoro dirigenziale giustifica, infatti, un trattamento differenziato dei dirigenti rispetto agli altri lavoratori.
L’indicazione temporale dei 5 anni è da riferire non al termine finale entro il quale devono essere contenuti il rapporto, considerando anche eventuali proroghe o rinnovi, bensì alla durata massima del singolo contratto a termine, avuto riguardo al suo momento genetico. La Cassazione riconosce, quindi, la possibilità di stipulare più contratti, ciascuno – singolarmente preso – di durata inferiore a 5 anni (Cass. civ., sez. lav., 10 luglio 2017, n. 17010; Corte App. Roma, sez. lav., 11 luglio 2019, n. 1703).
L’assunzione a termine avvantaggia, comunque, anche il dirigente perché comporta un impegno alla stabilità del rapporto, con possibilità di licenziamento solo per giusta causa.
Se lo strumento giuridico utilizzato dalle parti per disciplinare l’incarico di temporary management è quello del contratto di collaborazione o la consulenza a partita IVA, occorre evitare che, di fatto, si creino i presupposti per una contestazione della natura genuina di tale qualificazione del rapporto. Bisogna tener conto, quindi, della attuale disciplina delle collaborazioni, contenuta all’art. 2 del d.lgs. 81/2015 (uno dei decreti attuativi del jobs act), come recentemente modificato dall’art. 1, co. 1, lett. a), del D.L. 3 sett. 2019, n. 101, convertito con mod. dalla L. 2 nov. 2019, n. 128 (ossia la legge che contiene anche la disciplina del lavoro tramite piattaforme digitali).
L’attuale disciplina delle collaborazioni, diversamente dalla precedente relativa al contratto a progetto, non prevede più alcuna presunzione di subordinazione, come quelle legate in precedenza alla mancanza di progetto o alla monocommittenza per le partite IVA. In seguito all’ultima modifica dell’art. 2, non vi è più nemmeno una presunzione legata allo svolgimento dell’attività all’interno della sede aziendale.
Di conseguenza, in caso di contestazione sulla natura genuina della tipologia di rapporto, spetta al manager di dimostrare la natura prevalentemente personale della prestazione, la sua continuatività e, soprattutto, l’eterodirezione, intesa come assenza di autonomia. Va tenuto conto che, rivendicando sia la subordinazione che la qualifica dirigenziale, occorrerà dimostrare anche i presupposti necessari a tale qualificazione.
L’attuale disciplina delle collaborazioni, così come peraltro quella sui contratti a progetto, contiene una ipotesi speciale di collaborazione per cui l’assolvimento degli oneri probatori in capo al manager è più impegnativo: si tratta delle “collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione ad appositi albi professionali”.
Senz’altro tale fattispecie si può facilmente configurare in ambito di temporary management. Basti pensare a figure come il direttore amministrativo finanziario iscritto all’albo dei commercialisti; all’avvocato a cui viene affidata la gestione degli affari legali, o che viene incaricato di occuparsi di una ristrutturazione dal punto di vista giuslavoristico. Restano poi ipotesi borderline in cui la consulenza viene fornita da professionisti che svolgono, però, attività non rientranti stricto sensu tra quelle tipiche della loro professione di appartenenza.
La disciplina sulle collaborazioni considera come ipotesi speciale anche quella relativa alle prestazioni svolte dai componenti di consigli di amministrazione, organi di controllo delle società, collegi e commissioni. In tal caso, però, non si tratta di una ipotesi speciale di collaborazione, bensì di un rapporto di immedesimazione organica, che è diverso sia dal rapporto di lavoro subordinato, che da quello parasubordinato. E qui si ricade nel terzo schema giuridico che viene tipicamente utilizzato per il temporary management: quello della cooptazione nel CDA.
In tal caso, la temporaneità dell’incarico è in re ipsa. D’altro canto, il recesso prima della scadenza dell’incarico richiede una giusta causa.
Talvolta, il temporary manager viene inserito nel CDA e, contestualmente, assunto a termine come dirigente. Si instaurano così due rapporti paralleli, uno di lavoro subordinato e l’altro di immedesimazione organica. La coesistenza di questi due rapporti è ammessa dalla giurisprudenza, a condizione che sia distinguibile l’attività svolta nell’esercizio delle deleghe come amministratore da quella più esecutiva di attuazione delle strategie stabilite dall’organo amministrativo.
I problemi possono sorgere quando l’amministratore ha poteri così ampi da doversi escludere che il medesimo possa essere anche dipendente della medesima società, in quanto si tratterebbe del “datore di lavoro di se stesso”. In questi casi di solito il problema sorge se l’INPS contesta la natura subordinata del rapporto e quindi nega la maturazione dei requisiti pensionistici nel periodo interessato.
I casi più problematici in giurisprudenza sono quelli dell’amministratore unico, oppure dell’amministratore delegato le cui deleghe sono così ampie da includere il potere di assumere e licenziare, con firma singola, anche i dirigenti. E’ invece consentito il cumulo tra la posizione di dirigente e quella di amministratore delegato o consigliere, quando esiste un soggetto (individuale o collegiale) al quale il manager deve riportare gerarchicamente.
Specularmente, in caso di utilizzo del temporary manager attraverso il solo schema giuridico della cooptazione nel CDA, potrebbero porsi questioni relative alla natura genuina della qualificazione giuridica del rapporto: questioni che, in questo caso, potrebbero essere sollevate dal manager rivendicando la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato dirigenziale. Qui vale quanto già detto in materia di collaborazione. Tuttavia, per un consigliere di amministrazione gli oneri probatori sono più impegnativi da assolvere, rispetto a un libero professionista o collaboratore, tenuto conto che – come si è detto – i componenti dei consigli di amministrazione rappresentano una ipotesi speciale nell’ambito della disciplina delle collaborazioni.
Su questo e su altri temi ci confronteremo per Confprofessioni Veneto nell’ambito dell’iniziativa regionale “Generazioni professionali a confronto. Aspetti valutativi, organizzativi, contrattuali, strategici” con il convegno che si terrà a Cortina l’11 settembre. Il convegno, avente ad oggetto “STRUMENTI PER LA PROFESSIONE PER SUPPORTARE LE PMI – Le nuove tecnologie e il temporary management”, si svolgerà in presenza ma anche con formula a distanza – adesioni dal sito di Proservizi, nella pagina interamente dedicata all’iniziativa regionale (www.proservizi.it).